
Già che siamo in tema di Cina, un ricercatore della Nanyang Technological University di Singapore, Michael Raska, pochi giorni fa ha pubblicato un breve documento che si occupa delle capacità di cyberdifesa cinesi e della direzione che prenderà la strategia di Pechino in quanto a guerra cibernetica. Molte delle considerazioni espresse nel documento si trovano anche nella testimonianza che un ricercatore della Heritage Foundation, Dean Cheng, ha fatto due settimane fa davanti alla Commissione “US-China Economic and Security Review” del Congresso degli Stati Uniti.
Vi è un concetto importante da tenere a mente: 网电一体战, o wangdian yitizhan, descrive la nozione di guerra informatica integrata, ovvero azioni di guerra coordinate dove le offensive informatiche sono affiancate da operazioni di guerra elettronica (jamming, ecc) e da attacchi cinetici in piena regola, con il fine di disabilitare le capacità informatiche dell’avversario. Il tutto rientra nelle aspirazioni cinesi di poter compiere attacchi simultanei via terra, aria, mare, spazio e cyberspazio (parte della loro dottrina militare che punta a contrastare avversari militarmente più forti, come gli Stati Uniti).
Per supportare questa strategia integrata l’esercito cinese necessita di 制信息权, o zhi xinxi quan, ovvero il dominio sulle informazioni, vera chiave di volta – secondo la Cina – per affermare la supremazia in tali operazioni. In questa logica rientra lo spionaggio informatico condotto in tempo di pace, dove gli hacker in uniforme passano al setaccio le reti informatiche di aziende private e istituzioni pubbliche in tutto il mondo, per raccogliere informazioni su vulnerabilità, saggiare i punti deboli dei network, trovare e monitorare i percorsi di comunicazione (ufficiali e non) delle forze militari straniere.
Pechino ha sempre negato con fermezza l’esistenza di queste attività.
Fonti:
http://www.rsis.edu.sg/rsis-publication/idss/co15045-decoding-chinas-cyber-warfare-strategies/
http://www.uscc.gov/sites/default/files/Cheng_Testimony.pdf